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Habàyta (A casa!). quando la protesta diventa consenso.

  • Immagine del redattore: progetto 710
    progetto 710
  • 21 feb
  • Tempo di lettura: 10 min

Aggiornamento: 23 feb

Canzoni o idee che una volta erano di protesta o rifiutate, possono negli anni divenir consenso, mainstream. Il caso di Habayta e di Ein li Èretz Achèret.


AUTORI: Testo, Ehùd Manòr.  Musica, Yaìr Klìnger

STILE: Adrenalinico (M).

CATEGORIE: Remakes  |  Guardando Avanti  |  Shock / Lutto / Ansia  | Hostages

USCITA: 28/12/2023, giorno 82 di guerra e prigionia degli ostaggi.


INTRODUZIONE

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Come le idee, dopo anni anche le canzoni possono esser viste da una diversa prospettiva.

Un’idea, un giorno ritenuta sovversiva, diviene in seguito oggetto di consenso. Una canzone di protesta e dissenso può, un giorno, trovarsi al centro del consenso, divenire mainstream. Talvolta può addirittura ritrovarsi eseguita assieme all’Inno Nazionale, legandosi a esso.


È quanto è accaduto al brano Habayta (A casa!), la canzone probabilmente più nota quando si parla degli Ostaggi rapiti da Hamas il 7/10/2023.

In realtà Habayta esce nel 1983, come canzone di protesta. Alla sua uscita -e per diversi anni- il brano viene aspramente criticato e osteggiato da una parte significativa del paese. Ventun’anni dopo, però, Habayta diviene invece inno di una forma di unità nazionale: non un’unità sul piano politico ma certamente su un piano emozionale.


Dicembre 2023:

Cesarea, Concert for Homeland

Due mesi dopo il fatidico 7 Ottobre 2023, lo storico anfiteatro romano di Cesarea ospita un’arrangiamento sinfonico del brano Habayta. L’esecuzione è il risultato di una complessa produzione che, coinvolgendo musicisti di ogni fascia di età, strumenti acustici ed elettronici, accompagna un coro che invoca il ritorno degli Ostaggi prigionieri a Gaza: Habayta! A casa!

L’esecuzione corale della prima strofa e del ritornello sfuma in modo suggestivo e coinvolgente in un’arrangiamento strumentale dell’Hatikwà (la Speranza) l’Inno Nazionale d’Israele (01), per poi trasformarsi nuovamente nel ritornello di Habayta.


L’arrangiamento e l’esecuzione vengono organizzati prima per la produzione di un videoclip che, diffuso attraverso i social media, intende sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale intorno alla tragica vicenda degli Ostaggi.

Poster of Hostages in a bus station, Jerusalem.

L’operazione riesce: l’arrangiamento del brano viene diffuso ovunque nel mondo e riproposto in occasione di eventi a difesa della causa d’Israele..

In Israele il brano viene trasmesso ogni giorno, più volte al giorno, divenendo simbolo di una vicenda che coinvolge tutto il paese. Nelle periodiche e numerose manifestazioni organizzate per invocare la liberazione degli Ostaggi -antigovernative o politicamente neutrali- il brano viene spesso utilizzato come segnale d’inizio della manifestazione.


Habyta è dunque espressione di un’auspicabile Unità Nazionale? Non esattamente…

Più ragionevole, invece, dire che è l’espressione di un’unità su un piano emozionale.

Ma se Habayta oggi è un canto di unità, perchè in passato era invece una canzone di protesta?

Vediamo la storia di questo brano:


Lebanon War, 1982

1982:

Prima Guerra del Libano: nel giugno 1982 Israele intraprende la c.d. Operazione Pace in Galilea, in risposta a pluriennali attacchi da parte dell’OLP, Organizzazione per la Liberazione della Palestina, che aveva le proprie roccaforti nel sud del Libano.

In pratica, dopo un ampio richiamo di Miluìm, forze militari di riserva, Tzah”al (IDF) invade il sud del Paese dei Cedri, sino a Beirut compresa. Israele rimarrà in Libano -con diverse forme di presidio- sino al ritiro unilaterale che avrà luogo nel 2000, sotto il governo del PM Ehùd Barak.

Protest against Lebanon War, 1982

Sin dall'inizio, la guerra in Libano è, già allora, oggetto di controversia all’interno della società israeliana. Non si registrano obiezioni di coscienza significative: chi viene richiamato parte e chi deve aiutare nelle retrovie aiuta. Tuttavia, il sostegno alla guerra e alla sue modalità di conduzione non è affatto univoco.

Ehùd Manòr

Nel 1982 Ehùd Manor, uno dei maggiori e più sensibili autori israeliani, scrive il testo di Habayta, quale espressione del proprio personale dissenso nei confronti della campagna militare intrapresa da Israele.  L’input a scrivere arriva da Yardèna Aràzi, una delle cantanti israeliane più popolari.

La Aràzi era tornata da un tour di brevi e informali spettacoli tenuti di fronte alle truppe in Libano, per sollevarne il morale. Il tour era stato particolarmente stressante e pericoloso.

Yardèna, scossa, condivide con l’amico e mentor Ehùd Manòr la propria esperienza. L’autore colpito dai racconti della cantante, scrive le parole di una nuova canzone.


Il brano, chiede in modo indiretto il ritorno a casa dei soldati al fronte. Non viene nominato uno specifico conflitto, nè compaiono parole esplicita come “soldati” o “guerra”. Si narra tuttavia di “notti amare” che si avvicinano, di “catene fatte di paure” e -soprattutto- di un vento che, sospirando, sembra dire “è tempo di tornare da monti e campi stranieri”.

Nel contesto politico ed emozionale del periodo, il messaggio è chiaro.


Le parole scritte da Manòr richiedono una adeguata melodia. Gàvri Mazòr, consulente artistico di Yardena Arazi, si rivolge al compositore Yaìr Klìnger.

Tra varie opzioni Klinger propone di riutilizzare la melodia da lui composta per un’altra canzone -di tipo molto diverso- eseguita in Francia dalla nota cantante Sylvie Vartan: Mañana Tomorrow. 

Qualora il video non fosse accessibile in alcuni paesi: link a una versione alternativa alla Nota 02 in calce.

Yardena Arazi presenta Habayta nell’autunno 1983. Il brano ha molto successo e per 13 settimane rimane in cima alle classifiche.

Il 1983 è tuttavia anche l’anno in cui si fa più acceso il dibattito in Israele in merito al protrarsi della guerra e la permanenza militare in Libano. Una parte significativa del pubblico critica aspramente la Aràzi e il suo brano -talvolta in modo decisamente aggressivo- non identificandosi affatto con la canzone e il suo messaggio..


2003, 2006, 2010:

Venti anni dopo l’uscita e il successo della canzone, Yardena Arazi propone a Ehùd Manòr un ampliamento del brano (03), per riproporre attraverso Habayta un messaggio più attuale.

Manòr accetta e aggiunge una strofa e una variazione del ritornello, con un messaggio direttamente meno critico ma certamente più amaro: è un’invocazione a proteggere “i frammenti del sogno d’Israele”.

La versione ampliata, pur ben accetta, è in genere oggi meno eseguita di quella originale.


Eldàd Règev and Ehùd Goldwàsser

Negli anni l’invocazione “A casa!” viene riproposta nell’ambito di campagne di sensibilizzazione pubblica per il riscatto e la liberazione di prigionieri: prima, nel 2006, nel caso del rapimento di Eldàd Règev e Ehùd Goldwàsser (04); in seguito, nel 2010, nel caso del rapimento di Gilàd Shalìt (05) e infine, nel 2023, nel caso degli Ostaggi imprigionati da Hamàs a Gaza.


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Passano gli anni, cambia la prospettiva:

Ein li Èretz Achèret.

Habayta non è un caso isolato. Come già accennato prima, Ehùd Manòr era contrario alla guerra intrapresa in Libano. Nel 1982, prima dell’incontro con la Aràzi, Manòr aveva già scritto un’altra canzone in cui esprimeva la propria personale angoscia nei confronti di una nazione che, come scrive l’autore, “ha cambiato il proprio volto”.


Nel 1982, tuttavia, questa canzone era ancora chiusa in un cassetto. Uscirà solo nel 1986: “Ein li Èretz Achèret” (Non ho alcun’altra terra), quando il testo scritto anni prima da Manòr viene articolato su una melodia composta dalla cantautrice Corinne Allàl.

Lanciata dalla cantante Gìli 'Atàri, Ein li Èretz Achèret finisce per essere la canzone che da decenni è considerata una delle espressioni che più riflettono il consenso nazionale; forse il brano che meglio trasmette un senso di un ineluttabile destino comune.

Negli anni, infatti, Ein li Èretz Achèret è una canzone molto più conosciuta ed eseguita di Habayta; o almeno così è stato sino alla tragica situazione innescatasi il 7/10.

Un'incisione piuttosto rara di Ehùd Manòr. L'autore ha scritto una grande quantità di successi, ma questi erano destinati ad altri artisti. Ehùd stesso eseguiva molto poco.

Anche in questo caso un brano nato come espressione di protesta antistituzionale negli anni diviene mainstream, viene visto come l' espressione di un sentimento comune.

In calce alle note: la traduzione di Ein li Èretz Acherèt, con un approfondimento e link a diverse esecuzioni.


Sia nel caso di Habayta, sia in quello di Ein li Èretz Achèret, negli anni non sono cambiate le parole, nè è cambiata la melodia: sono cambiate le posizioni e il sentimento del Paese.


Spesso, quel che un giorno è ai margini -o talvolta è addirittura considerato tradimento- non solo viene accettato col tempo, bensì -in alcuni- casi si trasforma addirittura nello specchio di opinioni e sentimenti condivisi da tutti.


Sarà il tempo a dirci se anche il lacerato 2023 ha innescato cambiamenti simili del sentimento pubblico e della società israeliana.

In ambito musicale e non.

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Traduzione, NOTE e COMMENTI:

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TRADUZIONE del testo della canzone:


Un altro anno è passato, un altro anno folle

le erbacce son cresciute sul sentiero e nel giardino

Il vento sospira

ha aperto la serranda e batte sul vecchio muro.

È come se dicesse:


A casa, a casa,

è tempo di tornare

da monti e da campi stranieri.

Il giorno sta languendo

ma (ancora non) è giunto

alcun segno.


A casa, a casa,

prima che scenda la luce.

Notti fredde, notti amare,

si avvicinano adesso.


Prego per te

sino al sorger del sole

Prigioniera, in catene fatte di paure,

sento dei passi.


A casa, a casa,

perchè ancora non è stato dato

quanto da tempo promessoci.



(03) Versione ampliata (2003):


Passano gli anni,

gli anni colgono (fiori = vite)

e ancora non abbiamo trovato riposo.


Una generazione va

un’altra viene

e la guancia è bagnata

da una lacrima salata.

È come se dicesse:


A casa, a casa,

è tempo di tornare

dalla fine delle strade, dalla lite tra fratelli

(tornare) allo stesso posto

lì nel cuore.


A casa, a casa,

prima che scenda la luce

verso sogni non chiusi tra mura

verso una notte senza dolori.


Prego per te

sino al sorger del sole

Mantieni, proteggi terra mia

i frammenti del sogno d’Israele.


A casa, a casa,

perchè ancora non è stato dato

quanto da tempo promessoci.


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NOTE e COMMENTI:


(01) Hatkwàh (la Speranza), Inno Nazionale dello Stato d'Israele.




(02) Link alternativo alla prima versione di Habayta, per lettori in paesi dove non fosse accessibile il video presentato nel testo dell'articolo.





(03) Yardèna Aràzi canta la versione ampliata di Habayta, uscita nel 2003.




(04) In merito a Eldàd Règev e Ehùd Goldwàsser,


(05) In merito a Gilàd Shalìt, v. https://en.wikipedia.org/wiki/Gilad_Shalit


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Ein li Èretz Achèret

Ein li Èretz Achèret (Non ho nessun’altra terra) è un brano che da decenni è considerato una delle espressioni che più riflettono il consenso nazionale; forse la canzone che meglio trasmette il senso di un ineluttabile destino comune.


Come Habayta, anche questo brano viene scritto nel 1982 da Ehùd Manòr, come reazione angosciata dell’autore di fronte alle immagini della Prima Guerra del Libano. Verrà proposto al pubblico solo nel 1986 dalla celebre cantante Gàli ‘Atàri, nel suo album “Èmtza September” (Metà Settembre).


La musica della canzone è della cantautrice Corinne Allal. La melodia era nata anni prima del 1986; la Allal l'aveva destinata a un suo altro testo. Questo però era troppo personale -legato ad un episodio troppo intimo della vita della cantautrice- e perciò Corinne non lo aveva mai pubblicato. Per questo anche la melodia non era mai stata fatta uscire. È una melodia con un inizio particolarmente cadenzato; poche frasi musicali, inconfondibili.

Per vie traverse il canovaccio melodico giunge alle orecchie di Gali ‘Atàri, che nel periodo 1985-86 era in cerca di una nuova canzone per un proprio rilancio. Gali va a trovare Corinne e le propone di utilizzare la melodia da lei scritta anni prima per dar vita al testo di Ehùd Manòr.

Nasce così uno dei brani-simbolo più importanti della musica israeliana.


Come Èhùd Manòr, mancato nel 2005, anche Corinne Allal è stata una delle più grandi figure della musica israeliana. Purtroppo Corinne è mancata anzitempo, nel Dicembre 2024.


TRADUZIONE del testo di Ein li Èretz Achèret:


Non ho alcun’altra terra,

anche se (dove sto) il suolo brucia

In ebraico una sola frase

mi penetra nelle arterie

nell'anima

nel corpo dolente

nel cuore affamato

Casa mia è qui.


Non starò in silenzio

perchè la mia terra

ha cambiato il proprio volto,

non gliela darò vinta

le ricorderò (tutto questo)

e le canterò proprio qui

nelle orecchie

fino a che aprirà gli occhi.

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Come nel caso di Habayta, un brano nato come espressione di protesta antistituzionale diviene negli anni espressione di consenso, mainstream.

Election of the song for Israel's 75th anniversary.

In occasione del Yom Ha’atzmaut 2023 (La Festa dell’Indipendenza d’Israele 2023) Ein li Èretz Achèret è stata infatti eletta “Canzone per eccellenza d’Israele” dai lettori di Yediòt Acharonòt, il quotidiano a maggiore tiratura del Paese.

L’anno prima, in occasione del 75mo anniversario della fondazione dello Stato, il brano è stato eletto “Canzone del 75mo d’Israele” dai lettori del quotidiano Israel Hayom e gli ascoltatori della popolare stazione radio Kan Gimel.


È interessante notare, tuttavia, che Ein li Èretz Achèret -pur essendo un brano di protesta- non suscitò particolari dispute al momento della propria uscita, a differenza di Habayta. Forse perchè, quattro anni dopo l’inizio della guerra in Libano, l’assuefazione a una situazione altrimenti anomala aveva ormai anestetizzato gli animi e le discussioni. Forse perchè la realtà sanguinosa aveva iniziato a indurre ad una diversa visione delle cose in merito alla permanenza in Libano.


Alcune significative esecuzioni:


Oltre a Gali ‘Atàri, la cantante per eccellenza di Ein li Èretz Achèret è Corinne Allàl, che ne ha composto la musica.

Qui abbiamo una delle prime registrazioni di Corinne, con la sua caratteristica voce un po’ roca, al limite della dissonanza.

Rispetto all’esecuzione di Gali ‘Atàri, l’esecuzione della Allal si distingue per il proprio minimalismo. Nonostante la grande forza del testo, quando Corinne cantava e suonava questa canzone lo faceva quasi con timidezza, forse per mantenere quel carattere molto intimo che, anni prima, le aveva ispirato la melodia.


• Un’esecuzione di Gàli 'Atàri del 2020.

Qui la cantante interpreta la canzone all'interno del Mausoleo dei Caduti nelle Guerre d’Israele, sito sul  Monte Herzl a Gerusalemme. I nomi che si vedono sui mattoni del Mausoleo sono nomi di caduti, di cui è anche indicata la data di morte.

Il videoclip è stato prodotto dall’Organizzazione delle Vedove e Orfani dei caduti IDF. Gali esegue la canzone assieme a parenti di caduti


Un’esecuzione delle due cantanti insieme, Gàli e Corinne, sul palco della Cerimonia Nazionale tenutasi nel primo anniversario del 7/10.

La cerimonia venne prodotta dall’ Organizzazione delle Famiglie Colpite dall’attacco del 7 Ottobre, come alternativa critica alla cerimonia ufficiale organizzata dal Governo d’Israele. Questo è considerato, da molte delle famiglie delle vittime, uno dei maggiori responsabili della catastrofe del 7/10.




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