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‘AM ISRAEL CHÀY (Il Popolo d’Israel è vivo).

  • Immagine del redattore: progetto 710
    progetto 710
  • 9 apr 2024
  • Tempo di lettura: 11 min

Aggiornamento: 24 dic 2024

Eyàl Golàn è un nuovo Sant'Agostino? Quesiti sulla Fede e la Ragione, su Musica e Calcio.

Tutto questo attraverso 'Am Israel Chay, un motto inflazionato, che tuttavia, dichiara e definisce, in chiari termini, sia una effettiva situazione attuale, sia una realtà storicamente unica, perpetuatasi a dispetto di qualsiasi logica, persecuzione o circostanza difficile nel corso secoli.


AUTORI: Avi Ochayòn, Ofìr Cohèn. CANTA: Eyàl Golàn

STILE: Adrenalinico (L) | Schmaltz Mizrachì (S) | Lo Stadio va alla Guerra |

CATEGORIE: Patriottismo e Propaganda | Neofede e Saccarina |

USCITA: 19/10/2023, giorno 12 di guerra e prigionia degli ostaggi.

APPENDICE in CALCE: Traduzione e note anche della nota canzone Mi SheMaamìn lo mefachèd


INTRODUZIONE:

————————————


Un’ulteriore esempio (1) che -nell’ambito del Progetto 710- bene esemplifica sia la categoria c.d. “Patriottismo e Propaganda”, sia la categoria c.d. “Neofede e Saccarina”.


Nel caso di questo brano, ‘Am Israel Chày, è importante notare la data di uscita: a distanza di meno di due settimane dal tragico e sanguinoso 7/10. Ovvero: praticamente subito e nel pieno di un primo periodo di shock e senso di incertezza, ma anche di immediata reazione operativa e solidale attivatasi spontaneamente in tutto Israele e nella Diaspora. Questa coesiva reazione si è espressa in modo fenomenale attraverso innumerevoli tipi di volontariato: chi alle armi -pur non richiamato- chi nelle indispensabili e necessarie numerose attività di supporto civile.


In tale stato di urgenza, tensione e incertezza non poteva mancare il motto ‘Am Israel Chay (Il Popolo d’Israel è vivo), frase che da generazioni -quindi non solo nel periodo post-7/10- emerge in numerosi contesti, in situazioni estreme o ordinarie, luttuose o gioiose, vissute dal Popolo Ebraico.

Va qui ricordato, infatti, che i termini “Israel” e “ ’Am Israel” (popolo d’Israele) definiscono tutto il Popolo Ebraico (2) e non la specifica entità statuale oggi chiamata “Israel, Israele”, ovvero lo Stato d’Israele fondato nel 1948, o i suoi cittadini.


Per questo motivo, il motto ‘Am Israel Chay è un sempreverde inflazionato. Nella sua banalità, tuttavia, dichiara e definisce, in chiari termini, sia una effettiva situazione attuale, sia una realtà storicamente unica, perpetuatasi a dispetto di qualsiasi logica, persecuzione o circostanza difficile nel corso secoli.


Nel clima generale dell’Ottobre 2023, brevemente descritto sopra, il cantante Eyal Golàn -ex calciatore- prende al balzo la palla e corre a segnare goal (3) con imbattibile fiuto commerciale (3): il 19/10/’23 esce la canzone ‘Am Israel Chay, in cui la casa di produzione di Golàn, unisce una melodia molto orecchiabile a un testo ricco di ingredienti sicuri e di facile digeribilità: popolo, unità, bambini, colombe, motti già collaudati, e soprattutto tanta fede e fiducia nell’Eterno Trascendentale.


Il brano offre così una risposta a una disperata -e comprensibile- necessità di speranza e al bisogno di punti di riferimento fissi nel corso di un periodo instabile, tempo di angoscia, di lutti e gravi minacce.

Il risultato: una parata di luoghi comuni e metafore di seconda mano, comunque non slegata dal reale in quanto rappresentativa di gusti e elementi socioculturali di diversi significativi settori tra i molteplici che convivono in Israele. Questa parata di banalità viene inoltre integrata -e amplificata- attraverso un videoclip ricco di immagini coerentemente in linea con quanto già descritto. (4)


In sostanza: nulla offre speranza come la Fede e nulla è più rassicurante del banale, di quanto conosciuto ed è oggetto di consenso comune. Ma attenzione a non essere troppo snob: anche banalità e populismo -oltre ad essere legittimi- “hanno un loro perchè”.

Come i fuochi d’artificio, ad esempio: non intendono proporre profondi contenuti filosofici, religiosi o esistenziali, ma quando esplodono colorando il cielo buio comunque affascinano tutti: bambini e adulti, saggi e stolti, colti e meno colti… (5)


In precedenti brani di successo (v. nota 13) l'ex calciatore Golàn ha già schierato in campo la Fede come Centravanti, il concetto di Libero Arbitrio come Terzino (Libero) e nel ruolo di Portiere addirittura l’Onnipotente, per meglio blindare la difesa.   

Ciò premesso, quando si parla di Fede, o di tradizione religiosa ebraica, è raccomandabile prendere con dovuta cautela la piacevole voce di Eyàl Golàn…


Riprendendo infatti la precedente analogia con i fuochi d’artificio -ma questa volta in prospettiva ebraica, ove a una insufficiente fede astratta viene privilegiata l’osservanza pratica dei precetti e un comportamento etico- bisogna saper ben distinguere tra l’accattivante fascino di uno spettacolo pirotecnico ed eventuali vere e proprie manifestazioni Divine, qualora effettivamente inviate dal Cielo. (*)


EYAL GOLÀN: classe 1971, di famiglia originaria del Marocco (Golàn è cognome d’arte, il cognome originale è Bìton), Eyàl cresce in quartieri popolari della cittadina Rehovot.

Operaio edile da ragazzo, calciatore professionista in seguito, si allontana dalla carriera calcistica (3) dopo che -causalmente- il produttore Tzion Sha’arabi ne scopre le ottime capacità canore. Nel giro di pochi anni Eyàl diviene uno dei cantanti israeliani più affermati, con un repertorio romantico, condito -a seconda dei casi- da elementi mediterraneo-orientali.

(*) Ad una carriera di indiscutibile successo, Eyàl alterna il barcamenarsi con accuse di molestie sessuali e rapporti illeciti con ammiratrici minorenni, o -a seconda dei casi- con il far fronte a denunce per evasione fiscale. (6)


TRADUZIONE, NOTE e COMMENTI:

————————————————

Fra poco sorgerà il sole

vedremo tempi migliori

il cuore combatte la preoccupazione.

Ritorneranno tutti a casa

li aspetteremo sotto

Speriamo di venire a sapere buone notizie.


Perchè il Popolo Eterno (7)

non si lascia mai prender dalla paura

persino quando è difficile vedere

Tutti stanno insieme, nessuno è solo qua

Che vadano in malora (tutte) le guerre! (8)


‘Am Israel chay! (9)

se non dimenticheremo mai di star tutti uniti

‘Am Israel chay!

nei percorsi più problematici, in quelli facili (10)

e anche nelle ore più difficili.


Il Signore (11) ci salvaguardia

e quindi chi può piegarci?

(Non abbiam scelta) perchè non abbiamo nessun altro Stato (12)

Porta la pace tra noi

proteggi i nostri bambini

perchè la fede non è andata persa (13).


Oh nostra terra, nostro retaggio

il nostro spirito non si indebolirà ora

(che) tutto intorno il ferro di spade (14)

La colomba spiegherà le ali

la speranza di duemila anni (15)

usciremo di nuovo a cantare per le strade.


Perchè il Popolo Eterno (6) non ha mai timore

(etc., a ripetere).


————————————————

NOTE e COMMENTI:

(1) Per la categoria “Patriottismo e Propaganda” nel Progetto 710, v. anche le canzoni: Ze ‘Aleinu, Lo Tenatzchù Otì, Chamàs e Acharei HaMabùl.

Per la Categoria “Neofede e Saccarina”, v. anche le canzoni: Ze ‘Aleinu e Acharei HaMabùl.


(2) Il nome Israel(e) identifica sia il Patriarca Ya’akòv (Giacobbe), sia il Popolo Ebraico.

Nella Bibbia (v. Genesi 32; 29 e Genesi 35; 10) il Signore impone a Ya’akòv un nuovo nome: Israel. L’imposizione di questo ulteriore nome coincide anche con una ridefinizione, da parte Divina, della stirpe stessa di Ya’akòv: questa -dichiara il Signore- diverrà una nazione prolifica (v. Genesi 35:11-12) cui verrà confermata la terra precedentemente già promessa dal Signore ai precedenti avi Abramo e Isacco e alla loro discendenza (Genesi 12; 7, 19; 18-21 e Genesi 26;1-5).

Il termine “Israel” diviene quindi sia un ulteriore nome di Ya’akòv, sia il nome collettivo di un’intera nazione.

A estensione, incontriamo spesso in ebraico il termine “Bnei Israel” (Figli d’Israele) per indicare il Popolo Ebraico e, successivamente, anche termine ‘Am Israel (Popolo d’Israele). Con accezione geografica, invece, “Eretz Israèl” (Terra d’Israele).

Nel 1948 il il termine Israel(e) viene scelto come nome per lo Stato d’Israele, fondato nello stesso anno. Tale fondazione avviene in seguito all’assegnazione da parte dell”ONU di parte di Eretz Israel all’entità semistatuale ebraica -c.d. HaYishùv- gradualmente sviluppatasi a partire dall’ultimo quarto del XIX secolo, sotto l’Impero Ottomano prima e sotto il Mandato Britannico in seguito. Questa entità era proseguimento di una ininterrotta presenza ebraica in Eretz Israel a partire dal tardo periodo biblico.


(3) Come indicato nell’introduzione, Eyàl Golàn inizia la propria carriera come calciatore. Non arriva alla Serie A, ma comunque gioca come professionista in serie inferiori.

La passione per il calcio, tuttavia, traspare anche anni dopo il passaggio alla carriera di cantante: v. l'Appendice 2 per la canzone “Melekh HaMigrash” (Re del campo di calcio) del 2011. Negli ultimi anni il brano di Golàn più conosciuto e popolare è proprio una orecchiabilissima canzone nata per la tifoseria, ma che in seguito diviene estremamente popolare anche fuori degli stadi: “Mi SheMaamìn lo mefachèd” (Chi ha fede non ha paura). Conosciutissima in Israele, la canzone è piuttosto nota anche nella Diaspora.


È molto probabile che sfornando il brano ‘Am Israel Chay, la casa di produzione di Golàn, per ottenere un sicuro successo, abbia voluto replicare elementi che, anni prima, avevan concorso alla grande popolarità di Mi SheMaamìn: una marcata ma non ben definita fede nelle grazie del Cielo, accanto al senso di coesione caratteristico delle tifoserie sugli spalti di un derby.

In ‘Am Israel Chay, però, Golàn fa un salto di qualità: nonostante la propria superficialità, il testo del brano mostra una maggiore logica  e uniformità rispetto a Mi SheMaamìn, che -accanto alla Fede- tirava in ballo anche concetti come il Libero Arbitrio.

Per meglio conoscere questo popolarissimo brano, si veda l'Appendice 1 in calce a questo post e le Note nel'Appendice 1 stessa.


(4) Un piccolo dettaglio presente sullo schermo del videoclip che accompagna la canzone: BS"D, l’acronimo che accompagna le immagini in alto a destra.

È composto di tre lettere ebraiche -Bet, Samech e Dalet- che poste insieme costituiscono appunto l’acronimo dell’espressione “Besyatà Di-Shmayà”, in aramaico: Con l’Aiuto del Cielo.

Presso parte degli ebrei particolarmente legati alle tradizioni religiose, è uso apporre queste tre lettere in un angolo in alto di qualsiasi scritto, privato o pubblico. L’apposizione di questo acronimo (o di simili per significato) non è un precetto della normativa ebraica; ha bensì essenzialmente la valenza di abitudine di carattere sentimentale, identitario o propiziatorio.


(5) Avendo portato a mo’ di esempio i fuochi d’artificio… una considerazione non strettamente connessa al brano in esame.

Non è azzardata l’ipotesi che in Israele i fuochi d’artificio abbiano (anche) un certo effetto catartico. In un paese che conosce conflitti armati e attentati, infatti, l’udire improvvisamente una raffica di detonazioni provoca un immediato momento d’incertezza: “sono fuochi d’artificio o stanno sparando?”.

La tensione dovuta al momento d’ansia, però, rientra -o viene scaricata- con la scoperta che si tratta di un gioco pirotecnico: alla breve ansia da incertezza segue una rassicurazione.

Questo quando effettivamente si tratta di petardi o tric-e-trac. Purtroppo, tuttavia, non sempre è così...


(6) Come dire, qualora non fosse abbastanza chiaro:

“Eyàl: a che ti serve tutta ‘sta gran fede, se poi ti batti le ragazzine e frodi le casse dello Stato?”.

In tal senso, tra molti possibili esempi nell’ambito del pensiero ebraico, cfr. Isaia 1; 10-31. Il profeta non si esprime espressamente in questi termini -nè certo si rivolge direttamente a Eyàl Golàn- ma avanza concetti analoghi.


(7) In ebraico “ ‘Am HaNetzach” (il popolo dell’eternità). Ulteriore espressione per indicare il Popolo Ebraico, parte della frase “ ‘Am HaNetzach lo mefachèd MiDerekh arukà” (Il Popolo Eterno non teme un lungo percorso).

Questa popolare frase cita Rav Yeoshu’a Weitzman (1948 -), che l'avrebbe coniata. Weizman è un maestro e uno studioso di spicco nell’ambito del settore Nazional-Religioso israeliano.

Tra le canzoni uscite dopo il 7/10 -in forma parziale o intera- questa citazione emerge in diversi brani.


(8) Alla lettera, in ebraico, il verso recita “SheIsrefù HaMilchamòt” (Che brucino le guerre), dove appunto l’espressione al plurale SheIsrefù (o al singolare m. SheIsaref, e f. SheTisarèf) ha valenza di imprecazione o di augurio/invito ad andare in malora.


(9) Qui il motto è intenzionalmente non tradotto, data la iconicità esposta nell’Introduzione.


(10) In ebraico, letteralmente “Ba’Alyòt, BaYeridòt” (Nelle salite, nelle discese). Metafore.


(11) In ebraico viene qui usata l’espressione HaKadòsh Barukh Hù (Colui che è Santo Benedetto), uno dei diversi nomi metaforici per indicare D-o, il cui Nome Esplicito -nella cultura ebraica- non è da pronunciare, ne è vocalmente articolato in modo chiaro.


(12) In ebraico, letteralmente “Eyn lanu ‘od medinàh” (Non abbiamo nessun altro Stato). Anche questa frase -indicante un indiscutibile dato di fatto - è molto popolare in Israele e, in numerosi casi, emerge nelle canzoni uscite dopo il 7/10.


(13) In ebraico, letteralmente “lo Avdah HaEmunàh”.

Nel contesto delle canzoni di Eyàl Golàn -e del suo ricorrente uso del termine “Fede”- questa frase richiama il ritornello del brano “Mi SheMaamìn lo mefachèd”, di cui alla nota (3) e in un dettagliato commento di FB in calce.


È ragionevole ritenere, comunque, che Eyàl Golàn faccia una certa confusione quando argomenta di rapporti di causa-effetto, o di merito e retribuzione, in relazione ad un’auspicabile protezione Divina. O perlomeno una certa confusione secondo una visione ebraica…


La terzina infatti recita: “Porta la pace tra noi / proteggi i nostri bambini / in quanto la non è andata persa la fede”. È quindi in pratica sottinteso l’assunto che la Fede -di per se- sia motivo sufficiente per reclamare un’eventuale protezione da parte di HaKadòsh Barukh Hù, tirato in ballo da Golàn ad inizio strofa.

Tuttavia, come accennato nell’Introduzione e in successive note, nell’Ebraismo la Fede come sentimento non riveste un ruolo prioritario come l’osservanza dei Precetti unita ad un comportamento interpersonale e sociale subordinato all’etica. Tutto questo indipendentemente dai moventi che spingono all’osservanza, vuoi che siano Timor Divino, passione per le tradizioni, espressione identitaria o altro.

Da cui (anche) la provocatoria domanda di cui alla precedente nota (6).


(14) Evidente riferimento al nome assegnato alla guerra/operazione iniziata il 7/10: in ebraico “Charavòt Barzèl” (Spade di Ferro) e in inglese, ufficialmente, “Iron Swords”.


(15) In ebraico “HaTikwàh bat shnòt alpàym” (La speranza di duemila anni).

Riferimento al canto HaTikwàh (La speranza), lnno Nazionale dello Stato d’Israele.

L’espressione “speranza di duemila anni” è tratta dall’inno stesso. Sia questo, sia la canzone di Golàn, si riferiscono alla speranza del Popolo Ebraico di ritornare alla propria terra dopo due millenni passati nella c.d Diaspora, ovvero nella dispersione degli ebrei nel mondo seguita alla caduta di Gerusalemme ad opera dei Romani, nell’anno 70.

Da allora, pur essendo sopravvissuta una costante piccola presenza ebraica in Terra d’Israele, il Popolo Ebraico è cresciuto e si è sviluppato nei molti paesi della Diaspora, mantenendo una identità ebraica comune e costante, ma arricchita da varianti, in seguito a influenze delle realtà locali.

Nonostante una dispersione “di duemila anni” -che in parte ancora prosegue- nel corso dei ventun secoli il legame con la terra d’origine -Eretz Israèl- è stato costantemente mantenuto. Tra i numerosissimi esempi -in ambiti liturgici, culturali o in altri- i più noti ed evidenti sono probabilmente due: il rivolgersi tre volte al giorno in direzione di Gerusalemme -da qualsivoglia luogo del pianeta- nel corso delle preghiere quotidiane e anche il noto verso “L’anno prossimo a Gerusalemme” che viene recitato a Pesach (Pasqua) e in altre circostanze di auspicio.


Appendice 1:
La canzone MI SHEMAAMÌN LO MEFACHÈD (Chi ha fede non ha paura)

USCITA: Ottobre 2010

Parole: ‘Adi Leon

Musica: Dudu Koma

Canta: Eyàl Golàn


TRADUZIONE e Brevi NOTE:

In ogni luogo, tutto il tempo,

abbiam tutti -dal più grande al più piccino-

giorni più o meno belli

e tra questi (c’è) una risposta a tutte le domande.


C’è un Unico, Grande D-o

che in questo mondo ci da tutto

Tra l’oscurità e un raggio di luce

dobbiamo solo scegliere la strada. (2)


E -come si sa- la vita è un dono

tutto è previsto

e la scelta è (però) concessa. (2)


Chi ha Fede non ha paura

di perder la Fede (3)

E noi abbiamo il Re del Mondo

ed Egli ci protegge da tutti.


Questo popolo è come una famiglia

uno-più-uno è il segreto del successo

‘Am Israèl (4) non si da vinto

rimarremo sempre “sulla mappa”.


E -come si sa- la vita è un dono

tutto è previsto

e la scelta è (però) concessa. (2)


Chi ha Fede … etc.


NOTE e COMMENTI:


(1) Oltre al proprio contenuto originale, il brano contiene due citazioni -testuali e musicali- tratte da due popolari canzoni basate su frasi di Rabbi Nachman di Breslaw (*). Nel brano, le due citazioni sono ben individuabili, in quanto eseguite coralmente da una folla. Il contenuto di entrambe le citazioni si adatta molto bene all’energetica atmosfera delle partite di calcio:

La prima (nel clip, sullo sfondo della carrellata dentro lo spogliatoio di una squadra) recita: “La cosa più importante è non aver mai paura”.

La seconda, al minuto 02:17, recita: “È una granda mitzwàh (**) star sempre in allegria”.


(*) Rabbi Nàchman di Breslaw: noto saggio vissuto in aree che oggi sono Ucraina, tra la fine del Sec. 18mo e inizio del 19mo. Gli insegnamenti di Rabbi Nachman mettono al centro dell’esperienza  ebraica gioia, fede e anche un certo candore.


(**) Mitzwàh: letteralmente Precetto, parte dei c.d. 613 Precetti, elementi centrali nell’osservanza della tradizione ebraica.

Termine usato anche come metafora per ‘opera meritoria’.


(2) Eyàl Golàn tira in ballo il concetto di Libero Arbitrio dell’uomo.

Il verso “tutto è previsto / e la scelta è (però) concessa” -in ebraico HaCol tzafùi VeHaReshùt netunàh- è nientemeno che una citazione letterale (Pirqè Avòt, Massime dei Padri 3;15) proveniente dalla Mishnà, la collezione trascritta della Legge Orale.

Sintetizza in poche parole il concetto di Libero Arbitrio concesso all’uomo.

Il Signore- in quanto Onnipotente- può preveder tutto; ma la Sua onnipotenza ha comunque un unico limite: non è in grado di interferire nelle decisioni dell’uomo di fronte alla scelta tra il Bene e il Male.


(3) Verso apparentemente poco logico: perchè chi ha Fede dovrebbe aver paura di perderla?

Probabilmente, già in questa canzone, la casa di produzione di Golàn propone la Fede come elemento rassicurante, ma sottintende anche un contraddittorio timore di perdere questo stesso elemento.

(V. anche l’Introduzione alla canzone ‘Am Israèl Chay, sopra).


(4) ‘Am Israèl, il Popolo d’Israele.

V. l’Introduzione alla canzone ‘Am Israèl Chay e la nota (2) alla traduzione della stessa.



Appendice 2:
La canzone canzone “Melekh HaMigrash” (Re del campo di calcio).

USCITA: 2011

Vedasi l’Introduzione alla canzone ‘Am Israèl Chay, sopra, e la nota (3) alla traduzione della stessa.


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