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‘AZA BUBI (Gaza, Hey bambola!)

  • Immagine del redattore: progetto 710
    progetto 710
  • 26 mar 2024
  • Tempo di lettura: 9 min

Aggiornamento: 24 dic 2024

In modo autoironico viene presentato il clima di coesione e di solidarietà con i richiamati emerso nei mesi successivi al trauma del 7/10.


AUTORI: Moshe Khorsia e Ron Biton

STILE:  Adrenalinico (XL)  |  Grotesque  |

CATEGORIE: Patriottismo e Propaganda  |  Guardando Avanti |

USCITA: 05/03/2023, giorno 151 di guerra e prigionia degli ostaggi.


INTRODUZIONE:

———————————

La canzone presenta in modo autoironico -anzi, caustico- il clima di coesione e solidarietà emerso nei mesi successivi al trauma del 7/10.

Un brano che propone un orecchiabile motivo ritmato semi-orientale, slang e tante strizzatine d’occhio alla caotica realtà quotidiana israeliana dei periodi “normali”. Tutto spiegato nelle numerose note a pie’ della traduzione.


Metà-fine Febbraio 2024: una parte significativa dei Miluimnikim -civili in servizio militare di riserva- torna per la prima volta a casa dal fronte.

Molti non sono usciti da Gaza per alcuni mesi. Una parte è stata richiamata nel corso del maledetto 7/10 stesso e nei gironi successivi; una parte si è presentata volontaria.


“ (…) durante tutto l’anno tutti litigano / ma quando qui casca un piccolo missile / in Israele d’un tratto tutti diventano fratelli”, dice il protagonista.

Vero ma purtroppo riduttivo: missili ne sono caduti per anni, senza che vi fosse tanta coesione… Per creare quella preziosa e celebrata unità è stato necessario il trauma del 7/10 e una guerra, ancora in corso e di cui non si vede al momento la fine….

Tuttavia, nel periodo in cui l’ironico miluimnik torna a casa, parte della coesione ha già iniziato ad incrinarsi. Tornan purtroppo a prender piede anche le solite divisioni; tribali e non.


“ (…) (quanto mi piace) che non mi fan pagare!”. All’interno della sua visione ironica della coesione all’interno del paese, il protagonista evidenzia un aspetto specifico: durante gli ultimi mesi i soldati (per comprensibili e giustificati motivi) sono stati molto coccolati, gratificati, da parte della popolazione civile.


Si ride per non piangere.


MOSHE KHORSIA è un giovane insegnante, cantautore, compositore. In parallelo, però, è anche combattente e influencer nei social network.

Il padre, il Rav Asher Khorsia, ha fondato e dirige una Ulpanà, un liceo femminile del settore nazional-religioso. La madre, la Rabbanit Yael è Consulente di Coppia e anch’essa educatrice. Moshe è cresciuto all’interno del Bnei ‘Akiva, movimento giovanile sionista nazional-religioso (BTW: attivo anche in Italia, in parallelo ad altri movimenti giovanili ebraici). I tal senso, vale la pena di notare che Moshè ha il capo coperto da una kippah, che però non si nota molto in quanto nera sui capelli corvini e -parlando ironicamente della coesione sociale indotta dalla guerra- abbondano nel videoclip giovani con kippòt in testa (quindi stereotipicamente religiosi o tradizionalisti) accanto a giovani di aspetto (anche stereotipatamente) laico.

Altri brani di Khorsia hanno carattere più romantico. Nel commento (20) a piè di questo post, il link ad una canzone pubblicata da Khorsia due mesi dopo l’inizio della guerra: “Lo yiùh po milchamòt” (Non vi saranno altre guerre).


TRADUZIONE, NOTE e COMMENTI:

———————————————————————

(Grido del cantante, mentre toglie parte della divisa):

“Ecchè ne so? Non lo so fare ’sto gioco!” (1)


(Recitativo)

Gaza, Hey bambola!

ci lasciamo dopo troppo tempo.

È ora di tornare dai chèvre (2), al lavoro,

alla mia vita (normale).


Ho voglia di una (bella) birra fresca…

di sentire cosa è successo…

e -a dire il vero- mi fa un po’ paura

tornar qui, alla vita normale…


Di’ un po’

Beh, che succede col prezzo degli appartamenti?

(Coro) È salito!

E che ne è di quei vicini nuovi?

(Coro) Se ne sono andati!

E che succede con tutti i bambini?

(Coro) Sono su Zoom!

Wow, che balagàn… (3)


E che ne è dei vari celeb che erano in giro? (4)

(Coro) Tutti li a sostenerci!

E che ne è dei sinistroidi?

(Coro) Tutti fratelli! (5)

E qual è il posto di lavoro che più conviene, qualificato?

(Coro) Fare il fattorino! (6)

Aaah… ok… Eìze fanàn… Che sballo… (7)


(Melodico orientale ritmato)

Ma ci vado (lo stesso) matto per ’sto paese

Come ad ogni cosa tutti rispondono “Amen” (8)

E quanto non posso fare a meno (9) di dare generosamente

E (quanto mi piace) che non mi fan pagare (10)

Yallah! (11)


Allora, ho capito, ho capito…

E’ ancora (tutto lo stesso) balagàn… (3)

Ma dite un po’, fratelli…

Chi riuscirà a mandarci via da qui?

Certo voi no… Oh Figli di ‘Amaleq (12)


Non c’è niente al di sopra di Tel Aviv e dei suoi bar…

o del mangiare a Gerusalemme…

E non c’è niente di meglio

di quei bei nostri matrimoni all’aperto! (13)


Di’ un po’

che succede col traffico? (14)

(Coro) Tutti (ancora) fermi negli ingorghi! (15)

E come è andata a finire con tutti quelli che manifestavano? (16)

(Coro) Stan li a bloccare le strade!

E cosa vien trasmesso alla TV?

Alla TV -in particolare- vien trasmesso… il panico.


E cosa ne è rimasto da tutto quel casino? (17) (3)

(Coro) Unità!

E cosa prova la gente in realtà?

(Coro) Solitudine!

Ci sarà guerra anche al Nord?

(Coro) Certo! (18)

Wow… Quanto non mi va bene questa…

Mi sono appena congedato…!


(Melodico orientale ritmato)

Ma ci vado (lo stesso) matto per ’sto paese

Come durante tutto l’anno tutti litigano

Ma quando qui casca un piccolo missile

In Israele d’un tratto tutti diventan fratelli

Yallah! (11)


(Melodico orientale ritmato)

Ma ci vado (lo stesso) matto per ’sto paese

Come ad ogni cosa tutti rispondono “Amen” (8)

E quanto non posso fare a meno (9) di dare generosamente

E (quanto mi piace) che non mi fan pagare (10)

Yallah! (11)


Ma ci vado (lo stesso) matto per ’sto paese

Ma ci vado (lo stesso) matto per ’sto paese

Come durante tutto l’anno tutti litigano

Ma quando qui casca un piccolo missile

In Israele d’un tratto tutti diventan fratelli

Yallah! (11)


(Recitativo)

Wow, no… Mi mettete in imbarazzo… (19)

(No, invece:) Mi fa tanto piacere! (19)

(Riso ironico).


——————————

NOTE e COMMENTI:

(1) Lett. “Ani lo tov BaMischàk HaZe” (Non sono bravo in questo gioco) ove “gioco” significa anche “recitazione”; come in inglese il verbo “to play” che ha lo stesso doppio significato: sia “giocare”, sia “recitare”.


(2) “Chevre” colloquiale, talvolta affettuoso, per “chaverìm” (amici, compagni).


(3) “Balagàn” (confusione; con le stesse sfumature che -in italiano- ha il termine “casino”, ma senza l’etimo Pre-Merliniano).

In origine dal termine persiano antico “bala chana” (soffitta, inteso nel senso di ripostiglio sottotetto). La parola passa poi al russo “balagàn”, con il significato di capanna, costruzione temporanea e precaria. Nel 18mo secolo il termine inizia anche ad indicare compagnie girovaghe di pagliacci, saltimbanchi e burattinai; queste costruivano capanne precarie nelle quali abitavano nel corso del loro girovagare di cittadina in cittadina.

La parola passa dal russo all’ebraico moderno prima della fondazione dello Stato d’Israele -grazie alla significativa quantità di immigrati dll’Europa dell’Est- in seguito nel gergo militare e poi nel generico slang civile.

Il termine viene poi declinato in forme diverse. Ad es. “balaganist” (aggettivo; persona che fa chiasso, persona disordinata, o che esegue compiti in modo sconclusionato), “levalghèn” (verbo; fare balagàn) da cui anche “mevulgàn” (aggettivo; disordinato, confuso, in stato confusionale).


(4) Non “che erano in giro” -letteralmente- bensì “nel paese, nello Stato” (BaMedinà).


(5) Letteralmente “Achìm” (fratelli). Oltre al significato metaforico del termine, come in “bro’” americano, è anche plausibile che il termine accenni a “Achìm LaNeshek” (Commilitoni; “Brothers in Arms”) nome di uno dei principali gruppi di protesta, che nel corso del 2023 si sono creati e schierati manifestando contro la Riforma delle Istituzioni intrapresa dal Governo Netanyahu, ancora in carica al 7/10. Il fenomeno della protesta ha fortemente marcato il clima e il discorso pubblico tra il 4/01/2023 (data di annuncio dell’iniziativa di Riforma) al 6/10/2023, con un’immediata interruzione in seguito allo scoppio della guerra e all’immediata riconversione dei gruppi di protesta in iniziative di supporto civile alla popolazione e ai militari.

In modo molto generico e superficiale, gruppi come Achim LaNeshek sono/erano definiti “di sinistra”; v. anche una domanda in una strofa successiva: “che fine han fatto tutti quelli che manifestavano?” e la nota n. 16.


(6) Letteralmente il coro grida solamente “Fattorini!” (shlichìm!).

Come nel corso del periodo del Covid, anche durante la guerra i vari servizi di recapito sono fioriti. Al contempo alcuni altri lavori più qualificati sono entrati in crisi e hanno visto diversi licenziamenti. In buona sostanza: la guerra ha causato (anche) una crisi economica con ripercussione su diversi ambiti dell’occupazione.


(7) “Eìze Fanàn!” (Che “fanàn!). Fanàn è un termine in arabo che significa “artista”.  Come molte altre parole in arabo, la parola è entrata nell’ebraico divenendo termine gergale o colloquiale. In questo caso indicando “piacere”, “rilassamento”.


(8) Indica la tendenza a generalizzate spontaneità religiose -profonde o superficiali, a seconda, e a espressioni di pietismo religioso- emersa durante la prima fase della guerra parte della coesione da quest’ultima indotta.


(9) Letteralmente “Anì Makhur” (sono assuefatto a… nel senso di “drogato di…”).


(10) All’interno della sua visione ironica della coesione del paese, il protagonista evidenzia un aspetto specifico: durante gli ultimi mesi i soldati (per comprensibili e giustificati motivi) sono stati molto coccolati, gratificati, da parte della popolazione civile. In molti casi hanno ricevuto -in modo spontaneo- merce, cibo, servizi con sconti o gratuitamente da parte di negozianti, ristoratori, etc.


(11) Yallah! Esclamazione esortativa in arabo, entrata nell’ebraico informale.


(12) ‘Amaleq, nome biblico indicante gli Amaleciti, una tribù che attaccò il Popolo d’Israele nel deserto (Esodo, 17: 9-15) approfittando dello stato di sfinitezza del Popolo stesso appena uscito dall’Egitto. La Tribù di ‘Amaleq, dal nome del progenitore degli Amaleciti, è descritta nella Bibbia come un gruppo particolarmente crudele e infido.

È anche nota la frase biblica “Ricorda quel che ti fece ‘Amalek (…) Non dimenticarlo” (Deuteronomio, 25:17-19). Questa trasmette sia un vero e proprio precetto, sia un obbligo morale di memoria storica che, nei secoli, è divenuto metafora indicante molte altre figure o popoli che nel tempo hanno perseguitato il Popolo Ebraico.

Nella cultura ebraica Amaleq è il cattivo per eccellenza. Il termine è emerso in modo molto frequente, nel corso della guerra, anche per indicare Chamàs e in genere nemici crudeli.

Nel Progetto 710 v. anche la canzone “Ze ‘Aleynu”.


(13) Letteralmente “Tàchat kippat HaShamaym” (sotto la volta del cielo).

Ove il tempo e la stagione lo permettano, in Israele è piuttosto diffuso celebrare matrimoni erigendo la chuppàh -il baldacchino nuziale- all’aperto.

Nel contesto della canzone, è plausibile ci si riferisca ai numerosi matrimoni che l’inizio della guerra ha mandato a rotoli. Parte di questi, tuttavia, sono stati celebrati ugualmente -in modo commovente seppur meno fastoso rispetto a quanto programmato- con lo sposo (o la sposa) in divisa, in brevissima licenza, e alcuni commilitoni intorno.

In questo senso, nel Progetto 710, si veda la canzone -e le relative note- del pungente brano Anì rotzà leitchatèn BaMilchamà (Voglio sposarmi durante la guerra).


(14) + (15) Letteralmente “Tagid, ma HaMatzàv ‘im HaKvishìm?” (Dimmi, come la situazione sulle strade?).

Il problema di lunghe file di macchine (particolamente in direzione o uscita delle grandi città nelle ore di punta) è particolarmente avvertito in Israele.

Da cui… (15) : letteralmente il coro grida  “ ‘Omd`im!” (Si sta in piedi immobili!).

In tal senso, di posizione fisica, nel contesto ebraico vale la pena di ricordare come riferimento la preghiera chiamata anche “ ‘Amidà” (Stare in piedi) il cui nome si basa dalla stessa radice triletterale (‘ayn-mem-dalet). Questo brano, centrale nella liturgia ebraica, si recita -appunto- in concentrazione, dritti in piedi e a piedi giunti.


(16) v. anche precedente nota (5).

Riferimento a manifestazioni -di dimensioni ridotte o anche oceaniche- che hanno accompagnato la “Protesta” (Mechaàh) emersa nel corso del 2023.

Il fenomeno della Mechaàh -emerso in forme diverse, oltre alle manifestazioni- ha marcato il corso del 2023, indirizzandosi contro una Riforma delle istituzioni alla base dello Stato Democratico, intrapresa dal Governo Netanyahu e guidata dal Ministro della Giustizia Yarìv Levìn.

Il fenomeno della protesta ha fortemente influito sul clima e il discorso pubblico nel periodo intercorso tra il 4/01/2023 (data di annuncio dell’iniziativa di Riforma) e il 6/10/2023, quando le proteste hanno subito una brusca interruzione a causa dello scoppio della guerra. Alla luce dell’emergenza 7/10, la Mechaàh ha ritenuto opportuno bloccare subito ogni forma di dissenso, in particolare manifestazioni che avrebbero potuto distogliere le Forze dell’Ordine da altre pressanti urgenze.

Parte significativa degli attivisti della Mechaàh -o dei semplici manifestanti- sono accorsi al fronte, richiamati d’urgenza o come volontari. Inoltre, a partire dalla sera del 7/10 stesso e durante i tre mesi successivi, diversi gruppi di protesta si sono riconvertiti in efficienti organizzazioni civili per supportare i militari richiamati, esercizi lavorativi e la popolazione nelle retrovie, tra cui in particolare gli sfollati affluiti dal Sud e dal Nord del paese nella zona centrale d’israele e a Gerusalemme.

Il coinvolgimento e l’efficienza della Società Civile sono state necessarie,  a causa di notevoli carenze e lentezze organizzative dimostrate dalle istituzioni dello Stato. L’efficienza  e prontezza dell’intervento civile attivato dai gruppi di protesta, sono state invece possibili grazie a meccanismi di mobilitazione e richiamo sorti “dal basso”, “grassroot”, costruiti nel corso dell’anno per altri fini.


(17) Il testo si riferisce a quanto brevemente descritto nella nota precedente, in relazione al periodo precedente lo scoppio della guerra.


(18) Letteralmente “Badùk!” (Verificato!).


(19) L’espressione usata è “Lo na’ìm li” (Non mi è piacevole) che -appunto- è usata anche come espressione apologetica e di imbarazzo.

Nel suoi diversi usi, termine Na’ìm (piacevole) fa parte anche dell’espressione “Na’ìm Meòd” (molto piacevole) in uso quando ci si presenta reciprocamente; una forma di “Piacere…”, “Nice to meet you…”.

Il protagonista fa ironicamente un gioco di parole, di fronte alle numerose gratificazioni offerte dai civili ai soldati (v. precedente nota 10).  All’inizio dice “Lo na’ìm li…” (mi sento in imbarazzo), mentre poi -sommerso da vistosi regali e con tanto di coppa trofeo- conclude ridendo ironicamente: “Na’ìm li meòd!” (Mi fa tanto piacere!).


(20) La canzone di Moshe Khorsia “Lo yiùh po milchamòt” (Non vi saranno altre guerre), uscita due mesi dopo l'inizio della guerra. Le immagini del videoclip -tutte autentiche- e il titolo parlano da soli...

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