ANI ROTZAH LEITCHATEN BAMILCHAMAH (Voglio sposarmi in tempo di guerra)
- progetto 710
- 26 mar 2024
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 16 mar
Lo stile grottesco del testo e l’apparente leggerezza della musica, riflettono - facendo un po’ rabbrividire - il contrasto e la tensione dei matrimoni celebrati nel periodo immediatamente successivo al 7/10.
AUTRICE: Ziv (Ziv Barashi)
STILE: Grotesque |
CATEGORIE: Rabbia e Confusione | Guardando Avanti |
USCITA: 25/11/2023, giorno 49 di guerra e prigionia degli ostaggi.
Link al brano: https://youtu.be/n8PDQss35k4?si=L-xOMQEHnNGIBkUn
INTRODUZIONE:
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Ziv Barashi (nota anche semplicemente come Ziv) è una giovane cantautrice e DJ cresciuta a Gerusalemme. Come i fondatori del gruppo Jeanne Bordeaux (v. in questa pagina il brano “Lo Levad”), anche Ziv ha studiato alla Scuola di Musica Rimòn di Ramat HaSharon. Dopo diverse esperienze musicali all’estero, oggi Ziv vive e lavora a Tel Aviv.
La guerra ha visto la celebrazione di numerosi matrimoni, pianificati prima del 7/10, in cui la coppia non ha rinunciato a celebrare le nozze nonostante il richiamo dello sposo a “miluìm", alle forze militari di riserva. In alcuni casi lo scoppio della guerra e i richiami a miluìm hanno addirittura spronato a sposarsi coppie che “ci pensavano, ma non avevano ancora deciso del tutto”.
Ziv aveva iniziato a scrivere questa canzone due anni prima, lasciandola poi da parte. Ha ripreso in mano la canzone, aggiungendo nuovi versi, alla luce dello stato d’animo in cui si è trovata dopo il richiamo a miluìm del suo compagno.
Lo stile ironico del testo e l’apparente leggerezza della musica, riflettono - facendo un po’ rabbrividire - il contrasto e la tensione dei matrimoni celebrati nel periodo in cui il brano è uscito: la leggerezza e gioia del matrimonio vanno a contrastare con il senso d’incertezza. Prevalendo sull’ansia generata dalla situazione generale o - peggio - dal previsto ritorno al fronte dello sposo, dopo la breve pausa per la cerimonia. Lui è in divisa (talvolta lo è la sposa); c’è allegria, ma anche la consapevolezza che tra gli ospiti, più armati del solito, vi sia una sinistra presenza accanto alla chuppàh, il baldacchino nuziale.
TRADUZIONE, NOTE e COMMENTI:
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L’estate è così calda
missili cadono su Ramat Gan (1)
ho sempre pensato che fosse una città noiosa
la realtà è più selvaggia
di qualsiasi immagine e fantasia
la terra rigetterà i passanti.
Voglio sposarmi durante la guerra
liberare una colomba della pace verso il cielo
sul mar come come una stella
una bomba certo cadrà
e ti sussurrerò
son tutta tua.
L’estate è già finita,
tutti son scappati verso terre straniere
Stati Uniti, Spagna, Grecia e pure Roma
ma non bisogna assolutamente confondersi
perchè non ho certo dimenticato Babilonia (2)
come i fiumi si riempirono di lacrime (2)
(mi raccontava mamma).
Un’anno e poi un’altro anno
si addormenta per un pisolino
ma quanto stiamo male poi quando si sveglia
una preghiera ad ogni caduta
e chi è che ha la risposta
e sa quand’è il suo l’inizio e la sua fine.
Voglio sposarmi durante la guerra
liberare una colomba della pace verso il cielo
sul mar come come una stella
una bomba certo cadrà
e ti sussurrerò
son tutta tua.
Torna a casa presto
ci berremo un te
ci mangiamo un dolce
potremmo mettere in TV un qualche film
io amo solo te
ed è per te che vestirò un abito
tra i missili dirai “At Mekudeshet” (Tu mi sei sposa) (3).
Voglio sposarmi durante la guerra
liberare una colomba della pace verso il cielo
sul mar come come una stella
una bomba certo cadrà
e ti sussurrerò
son tutta tua.
NOTE e COMMENTI:
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(1) Ramat Gan: comune nella fascia urbana nord di Tel Aviv.
(2) Babilonia, fiumi e lacrime:
Il verso si riferisce all’Esilio del Popolo Ebraico a Babilonia, iniziato nel 597 Avanti l’Era Volgare (c.d. 597 a.C) dopo la conquista del Regno d’Israele da parte di Nabucodonosor e la successiva distruzione del Primo Santuario di Gerusalemme (586 a. E.V.). L’Esilio durò settant’anni, sino a quando Khoresh, Re di Persia, permise al Popolo Ebraico di ritornare in patria.
Il dolore dell'esilio e l'accorato anelito di un ritorno a Sion, alla Terra d’Israele, vede la sua più celebre espressione nel Salmo 137: “Sulle sponde dei fiumi di Babilonia ci fermammo e piangemmo ricordando Sion. Ai salici che si trovano in quel paese appendemmo le nostre cetre (…)” (Ps. 137:1-2 e versi successivi). Da cui “i fiumi si riempiron di lacrime” del verso della canzone.
Il desiderio del Popolo Ebraico ad un ritorno da Babilonia a Sion ha ispirato, nel tempo, diversi autori che hanno adottato questo struggente anelito come metafora universale di altri ritorni, desideri di autodeterminazione nazionale o di libertà. Tra gli autori più conosciuti troviamo Giuseppe Verdi (cfr. l’opera Nabucco, con il celeberrimo inno “Va Pensiero”, metafora risorgimentale del desiderio di un’Unità d’Italia) ma anche Bob Marley, la musica Reggae e la cultura Rastafari in genere. Quest’ultime con la antitesi tra Babylon - metafora di una società corrotta, ma anche America dove i neri furono condotti per esser schiavi - e Zion, società utopica di pace e libertà, ma anche Jamaica terra d’origine cui far ritorno.
(3) At Mekudeshet li… (letteralmente “Tu sei a me dedicata, santificata…).
Formula pronunciata dallo sposo, nel corso della cerimonia ebraica di nozze, dopo aver posto l’anello al dito della sposa di fronte a testimoni.