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Un'INQUIETANTE PROFEZIA: Haìm ned’à lehiwalèD... (Sapremo di nuovo rinascere?)

  • Immagine del redattore: progetto 710
    progetto 710
  • 24 nov 2024
  • Tempo di lettura: 10 min

Aggiornamento: 24 dic 2024

Una canzone inquietante. In modo energico e pulito scandisce un testo complesso -pieno di allusioni e simbolismi- e chiede: “Sapremo di nuovo rinascere?”.


AUTORI: Yànkale Ròtblit.

Arrangiamento 2024: HaChatzèr HaAchorìt.

STILE: Ansiogeno  |  Adrenalico (M).

CATEGORIE: Rabbia o Confusione  |  Guardando Avanti  |  Shock / Lutto / Ansia  |  Remakes

USCITA: 31/03/2024, giorno 176 di guerra e prigionia degli ostaggi.


INTRODUZIONE

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Risuona in Israele una canzone inquietante, nell'attuale periodo di maggior stress e pericolo. In modo energico e pulito scandisce un testo complesso, pieno di allusioni e simbolismi.

Chiede: “Sapremo di nuovo rinascere?”


IL CONTESTO ATTUALE:

Israele 5785 (2024-25), un paese forte ma a un bivio.

Una nazione che sa aggregarsi quando è minacciata da nemici esterni, contrastandoli con forza e ingegno, ma si disgrega e indebolisce quando sottovaluta la minaccia posta dalle proprie polarizzazioni interne.


Manifestazione della destra

Polarizzazioni che, da diversi anni, non sono più il risultato di diversità ideologiche o religiose. Sono bensì l’estremizzazione di rabbie e rancori reciproci tra identità di gruppo diverse:

“Sinistra”, “Destra”, “Religiosi”, “Laici”, “Ultraortodossi”, “Sionisti Religiosi”, “Arruolati”, “Militesenti”, “Elite”, “Negletti”, “Periferie”, “Centro”, “Sefardìm”, “Mizrachìm”, “Ashkenazìm”, “Dimostranti”, “Bibisti”… (1)


L’abbondanza ironica di virgolette, sopra, ha un proprio significato: si tratta infatti di numerose “identità di gruppo” tra loro diverse -talvolta diametralmente opposte- e in tensione tra loro, soprattutto perchè, di fatto, inconsapevoli che quanto le unisce è maggiore di quanto le oppone una verso l'altra.

Manifestazione antigovernativa

Inconsapevoli in quanto concentrate a guardare diversità esistenti ma, volendolo, assolutamente conciliabili. Inconsapevoli, perchè rapite da un desiderio utopico di affermazione senza compromessi delle proprie posizioni.


O ancora peggio: ancora inconsapevoli perchè fomentate a guardare solo alle reciproche diversità sotto una luce divisiva ed estremizzante. Questa luce, viene proiettata da una leadership troppo attaccata alla propria poltrona, viene amplificata dai riflettori di canali di comunicazione troppo attaccati al facile rating e, in seguito, si diffonde all’infinito attraverso i social.


Un paese quindi che rischia di non capire l’importante lezione impartita dalla tragedia e dagli errori del 7/10, in quanto mentalmente bloccato a polarizzazioni del 6/10. Ancora incapace di decifrare le due frecce del cartello al bivio: Conciliazione o Baratro.


LA CANZONE, IERI e OGGI:

Haìm Ned’à LeHiwalèd Shuv MiChadàsh (Sapremo di nuovo rinascere?) è un brano che sembra scritto nei mesi successivi al 7/10, ma in realtà è nato vent’anni prima: Yànkale Ròtblit lo compone infatti nel 2004.


Nel 2005 la canzone viene pubblicata all’interno del suo LP “Medinàt HaYehudim, vol. 2”, titolo che la dice lunga in termini di coinvolgimento socio-politico dell'autore: ricalca infatti quello del pamphlet-manifesto sionista Der Judenstaat, scritto da Theodor Herzl nel 1896. 

Oggi il brano è riproposto dal gruppo HaChatzèr HaAchorìt (Il Cortile Dietro) con un nuovo arrangiamento.


Rabin, Clinton, Arafat. Accordi di Oslo.

Nel 2004 Ròtblit è molto turbato dalle tensioni politiche accumulatesi, durante gli anni precedenti, in seno alla società israeliana: le speranze e i forti disaccordi intorno agli Accordi di Oslo (1993); l’assassinio di Rabin (1995); il crollo della speranza con la Seconda Intifada (2000); la decisione (2004) del completo ritiro unilaterale da Gaza e le fratture sociali e politiche che ne accompagneranno l’attuazione di lì a un anno.


Manifestazione ritiro unilaterale da Gaza, 2005

Ognuna di queste tappe rappresenta una lacerazione del tessuto interno che compone la società israeliana. Perciò Ròtblit, nel 2004, intravede un baratro.

Non sa (ma forse intuisce) che la sua canzone diventerà di fatto un’inquietante profezia: descrive la situazione cui il paese arriverà -vent’anni dopo- sull’orlo del baratro stesso.


Il testo è pieno di citazioni e allusioni; le principali sono decifrate nelle note che qui seguono alla traduzione.

Una particolare categoria di metafore e semi-citazioni salta comunque maggiormente agli occhi nel brano: pur essendo Ròtblit un ebreo del tutto laico, egli ricorre a immagini associabili al Santuario di Gerusalemme, ai sacrifici in questo offerti, ai fedeli che lo avvicinavano. Tutto questo per trasmettere inquietudine, timore, confusione e solennità.


Chiunque scriva una canzone ha a disposizione un’abbondanza di contesti di riferimento in grado di ispirare metafore, ma qui la scelta di riferimenti fatta da Ròtblit non è affatto casuale. L’autore si rifà infatti non ad un contesto -quello del Santuario- che per natura non solo può incutere inquietudine e timore sacrale, ma che soprattutto richiama inevitabilmente i traumi di due distruzioni e delle loro epocali conseguenze storiche sul popolo d’Israele.  (2)


Il testo originale del 2004 non è cambiato nella versione 2024, tuttavia, musicalmente, vi sono differenze significative tra i due arrangiamenti.

Quello originale ha il carattere di una ballata rock, un po’ cupa, che non spicca in modo particolare tra tante canzoni della stessa categoria melodica. La sua forza è infatti tutta nel testo.


L'arrangiamento 2024, invece, colpisce molto di più: è decisamente più suggestivo e potente. Si nota infatti una forte tensione che esalta la drammaticità del testo attraverso lo stile dell’esecuzione. Le voci all'unisono, dei tre membri del gruppo musicale, assertive e precise, riverberano con un leggero eco. Divengono una sola voce che -nella sua meccanicità- sembra uscire da un sistema automatico d’allarme; o comunque sembra arrivare da lontano.

Forse arriva da un deserto. O dall’alto.


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Yànkale Ròtblit e il gruppo HaChatzèr HaAchorìt:

Yànkale (vezz. del nome Ya’akòv) Ròtblit è nato a Haifa nel 1945.

Abuon diritto è nel Pantheon israeliano degli autori di canzoni più affermati e i suoi brani sono identificati con i maggiori cantanti israeliani.

Per una lista completa delle sue canzoni, ciascuna con link all’esecuzione più conosciuta, si veda la pagina Col HaShirim (Tutte le Canzoni) nel sito di Ròtblit stesso (ebraico).

Copertina disco Hachtzer Haachorit

Nel 2011 Ròtblit inizia a lavorare sul progetto Hachatzèr HaAchorìt (Il cortile dietro), un gruppo che lo vede accanto a tre musicisti molto più giovani, che potrebbero essergli figli: Tòmer Yosèf, Itamàr Zìgler e Gàdi Ronèn.

Il loro primo disco, è del 2013 e, per mantenere una propria indipendenza artistica dalle case discografiche, viene finanziato attraverso un crowdfunding. Ha come titolo il nome stesso del gruppo, ed è composto di 14 brani, tutti scritti da Ròtblit. A questo ne segue un altro, nel 2017.


Nel periodo immediatamente precedente il fatidico 7/10, Yànkale e il gruppo stavano completando un terzo disco. Come nel caso di numerosi altri autori, l’evento li blocca lasciandoli muti: non c'è nulla che sembri più rilevante dopo il terremoto di quel giorno.

Dopo pochi mesi, tuttavia, rimandata la pubblicazione del disco, si concentrano sulla riedizione di Haìm Ned’à LeHiwalèd Shuv MiChadàsh, alla luce della drammatica attualità del brano-profezia.


Uno dei membri del gruppo, Tòmer Yosèf, è del Kibbùtz Zeèlim, uno dei centri della zona colpita dall’attacco del 7/10. Quel fatidico giorno il kibbùtz viene relativamente risparmiato dal gruppo di terroristi di Hamàs che attacca quella specifica zona, in quanto "troppo occupati" nella carneficina da loro perpetrata contro una prede più inerme: i giovani partecipanti al Rave Party Nova, che si teneva a poca distanza da Zeèlim.

Tòmer racconta a Itamàr Zìgler, chitarrista del gruppo, la propria esperienza del 7/10 in un breve servizio (in ebraico), che presenta inoltre un’esecuzione del brano -meno formale, ma non meno precisa- (3) registrata dai tre nella mensa vuota del kibbutz.



Traduzione, NOTE e COMMENTI:

————————————————

Dall’infrangersi dei sogni

e dal trauma delle perdite

Da tutte le lacerazioni dei diversi mondi (4)

(adesso) è tuo il sacrificio

Dall’amarezza dell’aver aperto gli occhi

sgorgherà uno sfogo?

Dato che la dolcezza del frutto della vittoria

ha maturato semi di distruzione.


Ancora un momento e tutto andrà perso

se volete come (fosse stata) una favola (5)

La lezione che imparò Isacco

nel giorno in cui stava per esser sacrificato (6)

Tutto è ormai sul piatto della bilancia

gli abissi son lì aperti

ed eccoci arrivati alla soglia

Guerra fratricida o riconciliazione (7)


Mi sembra di aver sentito chiamare il mio nome

ma non son sicuro chi ha chiamato

Mi ha chiamato e io arriverò

Di fronte a chi sto qui in piedi? (8)

Il corpo trema

sono il testimone

arrivato scalzo come un sopravvissuto

solo

dal Santuario  (9)

Ma sapremo di nuovo rinascere?


Da cosa dovrai guardarti

-e ne hai la facoltà-

tra tutto ciò che ancora abbiam davanti

sulle diverse mappe

tra i suoni ritmati di corno (10) e i clamori (10)

e il sangue delle cerimonie sacrificali? (11) 

Perchè se l’odio gratuito (12) aumenterà

dopo di esso rimarrano solo disgrazie.


Mi sembra... (etc.)


È triste e amaro il giorno

in cui tremerà il cuore

di ciascun uomo

e non importa

chi è a favore e chi è contro

Domani e fra molti anni

quella discussione diverrà incandescente

Ma ecco il giorno in cui

abbasserò il mio sguardo.    (13)


Mi sembra... (etc.)

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NOTE e COMMENTI:

(1) Sarebbe possibile enumerare altri "gruppi identitari"; è però più interessante notare come, nella mappa delle varie tensioni interne alla società israeliana, sono scomparse da alcune decine di anni due categorie che in realtà sarebbero tra loro antitetiche: ‘Olìm Chadashìm e Vatikìm, ovvero Nuovi Immigrati e Residenti da Più Generazioni.


(2) Secondo la tradizione biblica, il Primo Santuario di Gerusalemme viene costruito da Re Salomone nella seconda metà del Sec. 9 Ante l’Era Volgare. Viene in seguito distrutto dai Babilonesi, sotto Nabucodonosòr, nel 586 Ante l’Era Volgare, evento che porta alla deportazione degli ebrei da Sion a Babilonia.

Distruzione Secondo Tempio di Gerusalemme,  anno 70

Il Secondo Santuario viene costruito circa settant’anni dopo, sulle rovine del precedente, da ebrei ritornati dalla cattività in Babilonia. Verrà poi distrutto nel 70 E.V. dai Romani, data che segna l’inizio dell’attuale maggiore Diaspora degli Ebrei nel mondo.

Le due distruzioni e rispettive deportazioni sono considerate i maggiori traumi con impatto globale sulla storia del popolo Ebraico, accanto, in seguito, alla Shoah nel XX Sec.

Nel Progetto 710 si veda su questo argomento anche l’articolo riguardante il brano Qinnàt Beeri (l’Elegia di Beeri).


(3) Registrazione del gruppo HaChatzèr HaAchorìt nell’ambito del Progetto Indie City , Ottobre 2024.

Al tempo 01:05 un’esecuzione del brano; meno formale, ma non meno precisa.


(4) In ebraico ‘Olamòt. Letteralmente “Mondi”, che è il primo e più diffuso significato del termine.

Va però notato che il termine ‘Olamòt rappresenta anche un concetto nell’ambito della Kabbalah. https://it.wikipedia.org/wiki/Cinque_mondi

È plausibile che la scelta di questo termine, compiuta da Ròtblit, abbia un fine evocativo.


(5) Evidente riferimento alla più celebre frase di Theodor Herzl, ispiratore del Sionismo, quindi di quel ritorno attivo in Terra d’Israele da parte di gruppi di ebrei iniziato nel XIX sec. che in seguito porterà alla nascita dello Stato d’Israele: Wenn ihr wollt, ist es kein Märchen (Se lo volete non sarà una favola).


(6) V. nella Bibbia l’episodio del Sacrificio d’Isacco; Genesi cap. 22.


(7) In lingua originale questo verso propone un gioco di parole evocativo ma efficace solo in ebraico.

In ebraico, infatti, questi due ultimi versi recitano:

Hinè higànu el HaSàf / Milchèmet o Achìm

(alla lettera: Ecco siamo arrivati sulla soglia / Guerra o Fratelli),

ove la parola Milchamàh (Guerra) è declinata al suo costrutto genitivo, Milchèmet, ovvero “Guerra di…”.

Il termine Milchèmet Achìm (letteralmente “Guerra di Fratelli”) significa in ebraico “Guerra Civile”. Tuttavia tra le due parole Milchèmet e Achìm Rotblit inserisce la particella disgiuntiva “o” (è la stessa particella sia in ebraico, sia in italiano).

Il risultato (traduzione letterale ma senza senso) suonerebbe quindi “Guerra di o fratelli”.

È stata perciò preferita una traduzione più libera, ma che rende lo spirito e le intenzioni del verso.


Arca SAnta con iscrizione

(8) In ebraico Lifnè mi anì ‘omèd (Di fronte a chi stai in piedi, ti trovi?).

Questa frase ricorda esplicitamente la frase “D’a lifnè mi atàh ‘omèd” (Sappi di fronte a chi ti trovi). Questa appare in molte sinagoghe, sopra l’Aharòn HaKòdesh, l’Arca Santa che custodisce i rotoli della Toràh e, ovviamente, vuole suscitare rispetto e riflessione in chi si avvicina ai Sacri Rotoli, l’oggetto fisico pìu sacro della tradizione ebraica.

Nella sua struttura e significati la frase ha radice nei c.d Pirqè Avòt (Massime dei Padri) uno dei trattati della Mishnà (trascrizione della c.d. Legge Orale, compilata nel Sec. II-III dell’Era Volgare.).


(9) In ebraico il Santuario di Gerusalemme viene chiamato Beit HaMikdàsh (Casa del Santuario). Il verso recita solo HaMikdàsh (il Santuario, ove l’articolo determinativo “il” vuole chiaramente indicare il Santuario per Eccellenza, ovvero, nel contesto, quello di Gerusalemme).

v. anche l’introduzione al brano.


(10) In ebraico Bein HaShvarìm veHaTru’òt. La traduzione del verso ne rende correttamente il senso, ma in ebraico i termini Shvarìm (suoni ritmati di corno) e Tru’òt (clamori) hanno una capacità evocativa maggiore:


10a) Entrambi sono termini usati anche per indicare due dei quatro tipi di suono emessì dallo Shofàr, il suggestivo corno di montone che viene suonato nel periodo di Rosh Hashanà, il Capodanno Ebraico. Questo periodo è particolarmente solenne e caratterizzato dal dovere di compiere una riflessione, esame di coscienza, correzione e assunzione di responsabilità, in vista dell’anno che inizia.

Esempio del suono dello Shofàr: Rav Alberto Funaro, Sinagoga Centrale di Roma.

Shofàr di tipo italiano (suono più basso e profondo, rispetto ad altri tipi più diffusi).


10b) Il termine Shvarìm significa anche frammenti. Un termine quindi con un significato simbolico coerente con altri termini simbolici presenti nella canzone, quali “infrangersi" e “lacerazioni”.


(11) In ebraico Nesakhim: il termine indica offerte sacrificali basate su prodotti agricoli vegetali; l’autore però ne estende il significato accostando al termine il sangue, elemento tipico dell’offerta sacrificale di determinati animali (Zevachìm).

In un certo senso è sottinteso un ulteriore significato: l’offerta non cruenta ha comunque portato ad un sacrificio che ha sparso sangue. Questo eventuale significato diviene più plausibile nel contesto politico ed emozionale del 2004: è infatti forse ravvedibile una metafora dell’eventuale rapporto tra tentativi di accordo (Oslo) e eventi sanguinosi successivi, in primis la c.d. Seconda Intifada.


(12) In ebraico Sinàt chinàm (odio gratutito).

Secondo la tradizione culturale ebraica, il principale fattore che portò alla traumatica distruzione dei due Santuari, con relative conseguenze, fu proprio la sinàt chinàm, l’odio gratuito e reciproco all’interno della società ebraica.


(13) Un elemento particolarmente significativo emerge nel brano a partire dal primo ritornello: assistiamo ad un passaggio dal collettivo al personale, dal destino comune alla responsabilità del singolo nei confronti di quel destino stesso, per poi ritornare al destino comune.

Le prime due strofe descrivono una situazione che investe e minaccia tutti. Con l’arrivo del ritornello, tuttavia, il baricentro si sposta verso il personale:

Mi sembra di aver sentito chiamare il mio nome (…) Mi ha chiamato e io arriverò (…). Oppure, nella terza strofa: Da cosa dovrai guardarti -e ne hai la facoltà- tra tutto ciò che ancora abbiam davanti (…).


L’assunzione di responsabilità personale, anche in relazione al comportamento dell’intera società, è un idea centrale nell’Ebraismo. Si veda quanto accennato nella precedente nota 10a, ma -ancor più- quanto esposto in un altro brano del Progetto 710, nella la canzone Porchìm LeShuvàm, in merito al concetto di Teshuvàh (esame di coscienza e correzione operativa).


Anche in questo caso quindi, come in numerosi esempi esposti in questo articolo, Rotblit seppur “laico”, si riallaccia in modo molto significativo quella parte della cultura ebraica caratterizzata da basi e comportamenti e modalità che (un po' superficialmente nel caso dell’Ebraismo) vengono comunemente definiti “religiosi”.




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